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Con Ghostbusters: Minaccia glaciale il tradimento dello spirito originale è completo
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Gabriele Niola
la recensione
Il nuovo capitolo della serie è un prodotto fatto a tavolino dalla personalità molto debole, nonostante il ritorno ad ambientazioni e temi del primo (e indimenticabile) film
O finisci il tuo franchise presto, nel lasso di qualche film, o lo porti avanti sufficientemente a lungo perché diventi un’altra cosa. Completamente. Ghostbusters con i primi due film (quelli originali) era riuscito a tenersi coerente, replicando nel secondo le atmosfere del primo. Già il primo remake, quello del 2016 con personaggi femminili, aveva cambiato molti presupposti e, proprio perché aveva un altro tipo di cast, era diventato un’altra cosa con la medesima trama. Il terzo film della serie, quello di un paio di anni fa intitolato Ghostbusters: Legacy invece aveva proprio cambiato radicalmente ambientazione e protagonisti, e il miracolo che era riuscito a Jason Reitman (figlio di Ivan Reitman, regista degli originali) era stato di trovare lo spirito giusto in tutto un altro contesto e tutto un altro genere. Ora questo nuovo film invece mortifica tutto ciò che Ghostbusters era.
Può sembrare paradossale ma proprio l’essere tornati a un film ambientato a New York, essere tornati nella storica sede dei Ghostbusters (il palazzo dei vigili del fuoco) e essere tornati a una trama molto simile a quella del primo film (c’è un problema di eccesso di fantasmi e il contenitore in cui vengono stoccati non ce la fa più a reggere, in più un’antica potentissima divinità è a piede libero), sembra essere quello che ha allontanato Ghostbusters: Minaccia glaciale da quello che storicamente è stata la serie. I protagonisti appartengono ad altre tipologie umane e quindi la storia ha completamente un altro tono.
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Una cosa infatti è un’avventura occasionale di un gruppo di ragazzi che scoprono un passato importante e pericoloso, cioè quel che accadeva nel precedente e che manteneva il sapore di una storia adulta e proibita, nonostante ci fossero dei minorenni al centro di tutto. Un’altra è un film in cui quegli stessi ragazzi sono impiegati in una professione avventurosa insieme ai loro genitori che li guardano crescere con sguardo intenerito. Non è un’avventura occasionale che fa sognare, ma un’impostazione implausibile che se presta il fianco a qualcosa non è alla scoperta del mistero ma alle vibrazioni da film per famiglie Disney.
Ghostbusters, il primo, era un film in cui un gruppo di dottorandi è stufo dell’impiego pubblico umiliante e senza guadagni e apre una piccola impresa per fare più soldi nel settore privato. Il più protagonista di loro poi faceva quel lavoro per trovare ragazze da portarsi a letto. Questo Ghostbusters, al netto di un intreccio simile, è un film in cui una famiglia lotta per rimanere unita in un momento in cui i ragazzi crescono e affrontano le sfide sentimentali. Il primo è un film completamente calato nel proprio tempo, il secondo è uno buono per qualsiasi stagione e privo di personalità.
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Quindi non c’è umorismo newyorchese centrato che tenga, non c’è citazionismo ben fatto e molto metodico (compaiono tutti gli attori, anche quelli secondari, del primo) che possa sostenere, non c’è riferimento, sequenza d’azione o anche linea di trama con i protagonisti originali che possa sopperire, è proprio l’impostazione che rende subito Ghostbusters: Minaccia glaciale una versione solo di poco evoluta del classico film televisivo Disney. Ogni elemento sopra elencato è ridotto a una piccola e tenera battuta, ogni personaggio viene messo nel sacco dagli astuti bambini e anche la trama sentimentale è giocata su un registro insensato e non divertente (almeno Bill Murray riconosceva l’assurdità di cercare di portarsi a letto una donna posseduta da un dio sumero!).
Ghostbusters - Minaccia glaciale sembra partorito in una riunione di produzione più che da uno o più esseri umani. Cioè è un film che risponde alle buone regole del marketing hollywoodiano, ha un personaggio per ogni tendenza che le produzioni ritengono importante (rappresentatività, inclusione, famiglia, veri valori…), non disturba e non contiene doppi livelli di significato. Non è qualcosa a cui qualcuno che ci ha lavorato tiene, ma un prodotto senza personalità, fatto e pensato per accontentare i superiori. È un film sicuro da ogni punto di vista, e quando uno dei personaggi che si oppongono ai protagonisti dice: “Non lasceremo che dei bambini facciano i poliziotti, e tantomeno gli acchiappafantasmi” si può provare un sussulto perché è la stessa cosa che a quel punto sta pensando il pubblico.
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